Quanto valgono le mie mele?



Quest’anno dalle mie parti ci sono state tante mele. È vero che una grandinata estiva aveva picchiato duro, ma il raccolto è stato più che abbondante e in cantina ho ancora mele per almeno un mese. Non è sempre così, beninteso: quest’anno di abbondanza ha equilibrato il precedente, molto scarico.
Le mie mele sono quasi tutte di varietà tradizionali, salvo uno o due alberelli di Delizie gialle e rosse. Come solito non sono perfette nella forma e spesso presentano piccoli danni da grandine oppure altri difetti che non ne compromettono la commestibilità. Per curiosità ho provato a immaginare quale sia il valore reale di una mela del genere o come si possa provare a calcolarlo. Faccio un tentativo. Ho circa una quindicina di alberi fra giovani e vecchi. Non eseguo alcun trattamento chimico e mi limito solo a potarli e concimarli con letame. Non ho un impianto d’irrigazione e innaffio solo in caso di siccità per evitare che le piante ne soffrano, quindi non riempio i frutti d’acqua e non ne spreco.  La zona in cui sono piantati è lontana da strade di grande percorrenza e la comunale secondaria è distante qualche decina di metri. Inoltre, non ci sono aziende inquinanti in un raggio di una dozzina di chilometri.


Dopo il raccolto ripongo le mele al fresco e non uso alcun metodo per prolungarne la conservazione, quindi non spreco energia e le mantengo allo stato naturale avendo cura di consumare per prime le varietà meno serbevoli. Fatte queste premesse, passo alla quotazione. Tanto per avere un termine di paragone, in questo momento un chilo di mele Golden da agricoltura convenzionale ha un prezzo compreso fra poco meno di un euro e uno e cinquanta. Si tratta di frutti di buona pezzatura e senza evidenti difetti ma sottoposti a una media di circa una trentina di trattamenti chimici all’anno e innaffiati in maniera massiccia. Della concimazione non so nulla, ma non è a letame, ciò che invece so è che non sempre sono lontani da grandi vie di comunicazione o da evidenti fonti di inquinamento. Riguardo ai trattamenti chimici, innanzitutto creano danni diretti alle persone che risiedono vicino ai frutteti, poi finiscono in parte nell’ambiente, quindi inquinano. Per conservare a lungo quelle mele occorre tanta energia (salvo pochi casi più virtuosi), poiché vengono stoccate per diversi mesi in enormi celle frigo in atmosfera modificata. Infine, le mie mele e quelle dei miei compaesani le mangiamo in loco e potremmo venderle solo nei dintorni, mentre quelle dei grandi meleti raggiungono tutte le destinazioni con l’inquinamento che ne consegue.


Ora la parte difficile: se quelle Golden ben tornite valgono da 1 a 1,5 al chilo, le mie, un po’ più piccole e talvolta bruttine, quanto valgono? Io credo attorno ai 3 euro il chilo, come minimo. Le ragioni stanno nelle considerazioni di cui sopra, a partire, innanzitutto, dalle differenze di coltivazione. Poi ci sono il sapore e il profumo: tutta un’altra cosa! Eppure sono convinto che se volessi proporle a 3 euro il chilo avrei difficoltà a venderle, perché in tanti dichiarano preferire i prodotti genuini, ma nei fatti non è sempre così. Il prezzo fa certamente la differenza, ma è l’enorme divario nei metodi di coltivazione a determinarla. Finché non riusciremo a comprendere a fondo questo divario, non riterremo corretto riconoscere un prezzo diverso a chi produce in modo pulito e responsabile offrendo prodotti realmente sani.












Per fortuna le mie mele le mangiamo in famiglia e ogni giorno ci consideriamo fortunati per questa buona annata. Ma in giro per i nostri monti c’è pieno di vecchi alberi abbandonati che potrebbero produrre subito con una piccola potatura. Eppure nessuno se ne cura, come se non esistessero o se fosse impossibile recuperarli. Meglio comprare le mele industriali, tutte uguali, perfette, calibrate una a una come fossero di cera. Prima o poi rinsaviremo, spero.   




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