Un bel regalo di compleanno
Paul Götsch è un mio amico di Brunico che fa le brioches più buone della galassia. A Carnevale, però, i krapfen non hanno rivali e nel laboratorio di Götsch li producono a getto continuo per soddisfare la richiesta incessante. Incontro Paul la mattina presto mentre vado a mangiare la solita brioche impareggiabile. Vedo tanti krapfen sul banco e Karin – sorella di Paul – indaffarata a servire i numerosi avventori che li richiedono. Paul mi racconta che la notte seguente – solo quella – il suo laboratorio sarà in gran parte al servizio di un’iniziativa solidale. Dovrà produrre circa 6000 krapfen per un’associazione di Brunico (Kiwanis) che, vendendoli in diverse parti della Pusteria, donerà il ricavato a un altro sodalizio (Momo) impegnato nell’assistenza ai bambini malati.
Delle sette persone presenti conosco solo Paul ma non ha alcuna importanza perché si lavora in silenzio, tuttalpiù con rare indicazioni di Paul e qualche battuta in pusterese che ovviamente non capisco.
A me tocca spianare la pasta già pesata e disporla su una specie di tagliere di plastica da sistemare in un macchinario che forma i krapfen. È un lavoro semplice. Indossato il grembiule e il cappellino mi butto nel lavoro che mi pare di poter svolgere.
Accanto a me, a sistemare i krapfen crudi su una teglia, c’è un chirurgo di Brunico. L’intesa è ottima: io gli preparo i krapfen e lui li dispone ordinatamente su uno strano tegame per la successiva lievitazione.
Dopo circa una mezzora saranno immersi in olio bollente per pochi minuti e infine lasciati a raffreddare.
Le ultime operazioni sono la farcitura con crema pasticcera, marmellata o cioccolata e lo spolveramento con zucchero a velo.
Per riconoscere il tipo di ripieno contenuto all’interno di ogni krapfen, si usa un sistema semplice ma efficace: al momento di spolverare con lo zucchero si coprono i krapfen con una griglia a quadretti o una a righe così da distinguere le diverse farciture.
Paul Götsch è un mio amico di Brunico che fa le brioches più buone della galassia. A Carnevale, però, i krapfen non hanno rivali e nel laboratorio di Götsch li producono a getto continuo per soddisfare la richiesta incessante. Incontro Paul la mattina presto mentre vado a mangiare la solita brioche impareggiabile. Vedo tanti krapfen sul banco e Karin – sorella di Paul – indaffarata a servire i numerosi avventori che li richiedono. Paul mi racconta che la notte seguente – solo quella – il suo laboratorio sarà in gran parte al servizio di un’iniziativa solidale. Dovrà produrre circa 6000 krapfen per un’associazione di Brunico (Kiwanis) che, vendendoli in diverse parti della Pusteria, donerà il ricavato a un altro sodalizio (Momo) impegnato nell’assistenza ai bambini malati.
La cosa davvero curiosa è che, dalla mezzanotte in poi, nel laboratorio
di Paul si alterneranno diversi volontari per dare una mano nella produzione e
nel confezionamento di quei 6000 krapfen.
Sarà una piccola mobilitazione
benefica per una causa più che nobile e a fare i pasticceri per una notte
saranno dal medico al farmacista, dall’avvocato all’impiegato, ai pensionati
ecc. Ha tutta l’aria di essere una splendida occasione per raccontare una bella
storia e magari dare il mio piccolo contributo. Paul capisce che mi piacerebbe
partecipare e mi invita ufficialmente come osservatore. Morale: poco dopo la
mezzanotte piombo in laboratorio trovando una squadriglia al lavoro. L’idea
iniziale consisteva nell’assistere al processo, girare alcune immagini da
mostrare in una trasmissione a cui partecipo, scattare un po’ di foto e tornare
a letto. Il programma è rispettato perfettamente: filmo col telefonino alcuni
momenti della lavorazione, scatto le foto e in una mezzora tutto è risolto.
Poi, però, mi vien voglia di aiutare, perché una mano in più forse potrebbe
essere utile, ma soprattutto perché in questo laboratorio c’è una bella
atmosfera.
Delle sette persone presenti conosco solo Paul ma non ha alcuna importanza perché si lavora in silenzio, tuttalpiù con rare indicazioni di Paul e qualche battuta in pusterese che ovviamente non capisco.
A me tocca spianare la pasta già pesata e disporla su una specie di tagliere di plastica da sistemare in un macchinario che forma i krapfen. È un lavoro semplice. Indossato il grembiule e il cappellino mi butto nel lavoro che mi pare di poter svolgere.
Accanto a me, a sistemare i krapfen crudi su una teglia, c’è un chirurgo di Brunico. L’intesa è ottima: io gli preparo i krapfen e lui li dispone ordinatamente su uno strano tegame per la successiva lievitazione.
Dopo circa una mezzora saranno immersi in olio bollente per pochi minuti e infine lasciati a raffreddare.
Le ultime operazioni sono la farcitura con crema pasticcera, marmellata o cioccolata e lo spolveramento con zucchero a velo.
Per riconoscere il tipo di ripieno contenuto all’interno di ogni krapfen, si usa un sistema semplice ma efficace: al momento di spolverare con lo zucchero si coprono i krapfen con una griglia a quadretti o una a righe così da distinguere le diverse farciture.
Completate le rifiniture si sistemano i krapfen in cassette
di cartone da affidare ad altri volontari che porteranno i krapfen verso la
destinazione finale: una catena di lavoro perfetta, regolare e ben organizzata
in un’atmosfera serena e piacevole.
Sapere che il ricavato di quel lavoro finirà a
un’associazione impegnata nelle cure palliative per i bambini malati, da un
lato trafigge il cuore ricordando che anche i più piccoli si ammalano
gravemente, dall’altro gratifica e scalda l’anima.
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