Faccio solo pane
Eugenio Pol, il Vulaiga di Fobello
Eugenio Pol è un panettiere tutto speciale. Anzi, forse non
è neppure un panettiere, ma “solo uno che fa il pane”, come dice lui. E in
effetti, attribuendo il giusto significato a ciò che afferma per descrivere se
stesso, è proprio così.
Pol sostiene che il pane si fa in un solo modo, cioè
mescolando farina buona, acqua pura e lievito naturale. Il resto degli
ingredienti – che sia olio extravergine d’oliva, spezie, erbe aromatiche o
frutta secca – serve solo per arricchirlo o completarlo, ma il nucleo essenziale
è quello. Dove per farina lui intende il prodotto biologico, integrale, derivato
da grani di varietà antiche che non abbiano mai subito alcuna manipolazione
“artificiale” (bombardamento con raggi gamma, per esempio). Acqua intende di
fonte, che è potabile senza necessità di clorazione. E infine il lievito
naturale, il crescente, come talvolta siamo abituati a chiamarlo, semplice
impasto fermentato e curato per più giorni, fino a ottenere una stabilizzazione
del processo e quindi un impasto da rinnovare ogni qual volta ce ne sia
bisogno. C’è da considerare anche l’aria, l’ambiente in cui si lavora e in cui
il lievito costruisce la sua struttura, ciò che cambia da un luogo a un altro.
Questo intende Pol per pane; e in un tempo in cui ammettiamo
perfino i semilavorati surgelati, che percorrono centinaia di chilometri per
giungere fino ai banchi di certi nostri supermercati, parlare di pane autentico
diventa confortante. E sarebbe tutto niente se quel pane non fosse buono: cosa
importa che Pol lo faccia bene, con le migliori farine, con l’acqua pura e il
lievito naturale, se poi, mangiandolo, non se ne percepisce la differenza in
termini di bontà? Quel pane va oltre la bontà: è profumato, gradevole, di
consistenza appagante e durevolezza incomparabile. Insomma, provandolo una
volta ci si accorge della sua unicità. Che poi lo venda ai migliori cuochi
italiani è un fatto secondario, almeno per me, poiché le valutazioni personali su
ciò che mangio sono abituato a farle da solo e non ho alcun bisogno del conforto
altrui: mangio con la mia bocca, non con quella degli altri.
Il paese dove Pol ha aperto il Vulaiga – nome della sua azienda – è in cima alla val Sesia; un
luogo tanto speciale quanto marginale, almeno nella stagione invernale. Ma non
poteva essere altrimenti, perché un uomo così, che fa un pane come il suo, non
può vivere in una città, non ce la fa, non resiste. E il suo pane non sarebbe
lo stesso, perché lassù c’è tutto ciò che conta per la buona riuscita del
prodotto. C’è la qualità della vita, dell’aria, dell’acqua, dell’ambiente,
tutti ingredienti importanti per l’anima, che poi entrerà nel pane attraverso
le mani e la passione del fornaio.
Il suo pane svolazza – Vulaiga
– come un fiocco di neve.
dal minuto 6.56 al minuto 12.25
dal minuto 6.56 al minuto 12.25
Commenti
Posta un commento