Milano ha ospitato in questi giorni il congresso di Identità Golose, manifestazione inventata dal Paolo Marchi e dedicata all'alta cucina: il momento di incontro fra il pubblico e i cuochi più blasonati. Per la prima volta ho trovato il tempo per partecipare ad alcune dimostrazioni di questi grandi protagonisti della cucina e devo dire che è stato molto interessante e istruttivo.
Appena entrato stava concludendo la sua performance Carlo Cracco, del quale, ovviamente, non ho visto nulla. A lui è seguito Paolo Lopriore, comasco di origine ma operante a Siena, al ristorante Il Canto. Non conoscevo questo stravagante cuoco ma ho letto che è considerato il demone dell'avanguardia, per usare le parole di Alessandra Meldolesi. E in effetti di avanguardia ce n'era parecchia nelle sue proposte, tanto che a essere sincero ho finito per non capire proprio nulla di ciò che ha preparato, e neppure ho avuto modo di assaggiare i due liquidi a base di semi che ha fatto distribuire in sala. L'assaggio si sarebbe dovuto eseguire tramite un contagocce mediante il quale, credo, prelevare una piccola quantità di liquido da lasciar cadere sulla lingua. Dico credo perché non saprei neppure come assaggiare una sorta di brodo di semi di carota. So di non capire certe stravaganze in cucina ma ognuno ha i suoi limiti, esattamente come altri possono avere i propri disturbi. Non mi esprimo, quindi, su ciò che ha proposto il cuoco comasco, per manifesta incapacità del sottoscritto.
Poco dopo sono saliti sul palco i fratelli Cerea, titolari del tristellato ristorante Da Vittorio di Brusaporto, vicino Bergamo. Ho potuto assistere solo alla preparazione del loro primo piatto, che hanno detto essere sempre molto richiesto dai clienti. Si è trattato di paccheri alla Vittorio mantecati con Grana Padano. Semplice quanto saporito, questo piatto non dava assolutamente l'idea di essere proposto da un ristorante così rinomato, dal quale ti aspetti la cucina creativa spinta fino al limite. E invece no, niente di tutto questo, solo un'ottima pasta condita con salsa di pomodoro, cotta con aglio e olio e poi passata, foglie di basilico ligure, burro delle valli bergamasche e una dose generosissima di Grana Padano aggiunto alla fine, in fase di mantecatura. Un piatto che molti di noi si fanno a casa - a casa mia si fa - solo che non mettiamo tutto quel grana per tentare almeno di contenere il colesterolo. La fortuna ha voluto che mi sia arrivato l'assaggio per il pubblico, cosa che mi ha permesso di sperimentare direttamente il sapore del piatto. Insomma, era una roba "vera", da mangiare e non solo da guardare: ottimo.
Enrico e Roberto Cerea - foto Fabrizio Fazzari |
A loro è succeduto Massimo Bottura, forse il più famoso fra i cuochi italiani e considerato da molti uno dei più bravi al mondo. Bottura ha proposto al pubblico una serie di riflessioni su diversi aspetti che hanno caratterizzato, e caratterizzano, la sua cucina, partendo dalle influenze familiari fino a quelle professionali. Di lui ho apprezzato la semplicità, la spontaneità, l'entusiasmo e la voglia continua di ricercare nuovi orizzonti del cibo, sempre ricordando le radici, quelle autentiche, non mistificate. Purtroppo i suoi assaggi non sono arrivati dalle mie parti e mi sono dovuto accontentare di vederli sfilare fra le poltrone di altre file senza mai raggiungerli. Bella e interessante anche la sua giovanissima brigata di cucina, che ha voluto sfilasse sul palco al suo fianco. Oggi Bottura rappresenta una delle bandiere della cucina italiana di alto livello e i concetti che ha espresso forse testimoniano proprio la sua onestà intellettuale, la qualità di chi parla di tradizione gastronomica con di cognizione di causa, cosa sempre molto apprezzata quanto rara.
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