tag:blogger.com,1999:blog-2132632739803006268.post4325553734227639091..comments2021-07-08T14:33:44.564-07:00Comments on il cucinosofo: il cucinosofohttp://www.blogger.com/profile/15567690050439349301noreply@blogger.comBlogger1125tag:blogger.com,1999:blog-2132632739803006268.post-4373830029673054292016-10-17T08:50:34.152-07:002016-10-17T08:50:34.152-07:00Effettivamente più cerco di capire il sistema pesc...Effettivamente più cerco di capire il sistema pesca, leggendo i vari metodi, compresa l'acquacoltura e più trovo incertezze. Alcuni esaltano il palangaro come sistema tradizionale e sostenibile che però se esteso per grandi superfici marine, diventa anch'esso nocivo, altri parlano bene della pesca circuizione ma anche lì se affrontata con i Monster Boats, se fatta come una rapina o pesca pirata, si porta via tutto anche ciò che non serve al mercato ma serve al mare. Per l'acquacoltura ci sono metodi no e metodi si, ovvero questi pesci d'allevamento hanno bisogno di montagna di cibo (sardine, acciughe..) per poter crescere ma non c'è un rapporto equilibrato fra la popolazione da allevare ed il cibo che devono mangiare. Altri allevatori usano cibi dannosi. Anche per questo argomento, qual è il modello di acquacoltura giusto? Per poter lavorare i piccoli pescatori in modo sostenibile e viverci del loro lavoro in che modo dovrebbero pescare? rispettando le stagionalità, la riproduzione, la stazza dei pesci, l'attrezzatura e il peschereccio stesso. Ho l'impressione che per ragioni di busness dei più forti, come al solito, girano tante informazioni che confondono le idee. Credo che Greenpace e Slowfish siano delle guide serie ma comunque se si volesse avviare in una località marina il processo per la pesca sostenibile che possa sostenere le famiglie dei pescatori in modo adeguato, mi sembra ancora problematico, prima perché i piccoli pescatori dovrebbero fornirsi di imbarcazioni adeguate ma in proposito leggevo che i fondi per questo argomento coprono solo una piccola parte di spesa. Se una persona vuole mettere in campo un’etica di rispetto del mare, deve avere già di suo dei capitali e con questo sistema molti pescatori sono esclusi e poco motivati al cambiamento, oltre al problema delle quote(una parte insignificante) e della distanza per pesca. Al largo non ci possono andare e poi troverebbero i pescherecci pirata. Per la pesca costiera, c’è l’ aspetto delle zone protette che sembra si depauperino. Slowfood sostiene che una parte del discorso sui beni comuni, parchi e aree protette, è un mito delle multinazionali (alias associazioni o altro) che cercando di sensibilizzarne la tutela ne mettono in risalto il degradare in modo da indurre i comuni e le regioni a lasciargli carta bianca. Naturalmente sono associazioni di ” tutela” che dovrebbero controllare e proteggere le aree, invece diventano con il tempo proprietari es, di parti dell’oceano a tutti gli effetti, facendo tutti gli scempi e arricchendosi con i beni comuni che diventano beni privati. Anche questo discorso della tutela che ci confortava è pieno d’insidie. L'Arte, la consapevolezza, il cambiamento di rotta e di regole europee ci salverà... CrisCrishttps://www.blogger.com/profile/12728020128318689424noreply@blogger.com